mercoledì 6 ottobre 2010

Il grande libro

libro Il grande libro


Pastiche / Il Grande Libro 


«”L’ignoranza è forza”. Per questo la prendiamo, per questo piccolo appunto sul suo taccuino.»


«Mi prendono per questo scarabocchio, merdosi. Me ne stavo tranquilla, senza dar fastidio a nessuno. Com’è bello sentire i miei passi nelle strade deserte, sentire sotto le suole il cemento raggrinzito, nel perfetto silenzio che è la città alle otto di una lucida sera d’agosto. »


«Qui parliamo noi e domandiamo noi.»


«Ma io stavo solo pensando!»


«Lei si limiti a rispondere e non a pensare. E poi alla sua età! STA-RE A CA-SA! Stare dietro allo schermo, con figli, marito, nonni, zii! Non in giro da sola. VIE TA TO. Se la ricorda l’epidemia dei topi? RI-CO-RRR-DA LA FI-NE DEL TA-BA-GIS-TA? BRU-TTA». Il capo-distretto sillabava asettico come un robot, umanamente incerto di grammatica correttezza, perché faceva parte del grande progetto rieducativo di massa. Voce incolore. Metallo. Niente carta, niente polvere. Pulizia. Che orgoglio l’obbedienza.


«Io non ho figli. Non ho marito.»


«Non risponda!»


La Signora Julia si guardava le unghie un po’ sporche e una macchia d’inchiostro nell’incavo della mano. Sperava non la scoprissero: gliel’avrebbero disinfettata. A lei piaceva il suo sporco e la traccia della scrittura. Le piaceva il segno inconfondibile sulla carta. Non si usava più e nessuno sapeva tenere la penna in mano, tranne pochi aderenti a una setta segreta di cui tutti sospettavano l’esistenza, ma nessuno ne aveva mai visto i membri. Aveva trovato taccuini e una vecchia stilografica in un mercato di roba vecchia da contrabbando. A casa aveva altri cento taccuini. Nascosti in una nicchia nella parete. Con copie a stampa, rarissime, di libri. Li leggeva di nascosto in un’ansa che la parete creava tra il cucinino e il salotto e dove non poteva vederla lo schermo. Poi li doveva far sparire: qualcuno le aveva detto di lasciarli nei giardinetti ai margini della città dove trovavano rifugio sbandati d’ogni genere. Era in quel book-crossing che li prelevava. Con scrittura minuta e disordinata riscriveva sui suoi taccuini frasi, battute, descrizioni. Dimenticava però la fonte e non conosceva gli autori, così i suoi taccuini erano diventati il Grande Libro, con molti inizi, molti epiloghi, mille strade, tante stanze. Si entrava e usciva liberamente, quando si voleva. Non c’era un percorso, solo un grandissimo atrio sul quale si affacciavano corridoi e porte da attraversare casualmente.


Viveva sola, la Signora Julia: pericoloso. Gli altri non potevano distrarla e controllarne le azioni quotidiane.


«Non ho scopi. Solo vivere. Leggere. Pensare. Essere lasciata in pace. Ozio di-vino.»


«Tenga zitto il pensiero! Lo scopo glielo diamo noi, ora! LA-VO-RA-RE! UTILE, lei è una persona inutile, deve diventare utile per la società!»


I due poliziotti stavano preparando la camera per lei. La Signora Julia, trasandata, non magra, non giovane, viveva di notte, dormiva di giorno. Era una recidiva. Ci sarebbe voluto il livello C, per lei. Ma la Signora Julia aveva in mente qualcosa, per intrattenere i suoi involontari aguzzini. Ce l‘aveva nella testa.


Continua… 


 



Concorsone


Se vuoi anche tu salvare la Signora Julia o spedirla al suo destino, indovina tutti i riferimenti presenti in questo pastiche e nelle puntate prossime, a partire dalla cornice e scrivici a redazione@finzionimagazine.it
Si vince una gigantografia della Signora Julia.


 





Articoli correlati:

  1. Un libro spiegato a… mia nonna

Nessun commento:

Posta un commento