venerdì 8 ottobre 2010

lenzuolata#2 (eri tu)

150 x 150 Envelope lenzuolata#2 (eri tu)

 

 

Ti ho visto, l’altro giorno.
Eri seduto a un bar,
io in bicicletta.
Ho guardato per caso,
stavo andando dritto.
Eri tu.
Ho riguardato,
non eri tu.
La prima volta eri tu,
poi,
non eri più tu.
Ma la prima volta,
oh che cosa,
eri tu!
Poi ho riguardato meglio,
non eri più tu.
Oh no, non eri tu,
non eri tu.
Ma la prima volta,
ah sì che eri tu,
sicuro che eri tu.
E basta così,
aver visto uno che eri tu
e poi non eri più tu.
È stato bellissimo,
quando eri tu.
Una testa mezza pelata
la barba di un giorno,
gli occhi che non guardano niente
le dita che tengono qualcosa.
Una bustina di zucchero vuota.
Dopo,
quando non eri più tu,
troppo tardi,
ormai ti avevo visto,
eri tu,
Solo che dopo, basta, non eri più tu.
Un attimo eri tu, un attimo dopo non più.
Se eri tu, quello che ho visto,
mi fermavo, ma non eri tu ho tirato dritto.
Non potevi essere davvero tu.
Vivi in un altro paese, come facevi a essere tu?
Ma anche se non eri più tu, quando ti ho visto,
ormai io ti avevo visto e allora basta così.
Tu o non tu, ti ho visto, e così allora è stato bello.
Non molto bello quando non eri più tu,
Ma quando ho riguardato,
ed ero pronta a dire che eri tu,
quando ti ho rivisto, e non eri più tu,
oh delusione,
tristezza infinita.
Ma è stato bello, vedere uno che eri tu
ma che non eri tu.
E sono tornata a casa e pensavo che ho visto uno
che eri tu. Solo che non lo eri.
Perché se lo eri, mi avresti visto anche tu.
Solo che quando ti ho rivisto, e tu mi hai visto,
tu non hai visto nessuno, cioè nessuno che conoscevi,
mentre io sì, ho rivisto qualcuno,
qualcuno che non eri tu,
ma che conoscevo.
Eri tu in un corpo che non eri tu.

2
Ma eri tu o non eri tu?
Chissà se eri tu.
Se eri tu, mi avresti visto,
ma tu non mi hai visto.
Io ti ho visto e tu non mi hai visto.
Se mi hai visto e non hai detto niente,
non eri tu.
Se mi hai visto e dicevi qualcosa,
forse eri tu.
Potevi essere tu anche se non dicevi niente.
Io non so cosa ho visto,
ho visto uno che potevi essere tu.
Seduto in bar, in un bar non del tuo paese.
Un bar straniero, per essere tu.
Eri tu in un bar straniero, pensieroso.
Pensieroso bar straniero, eri tu o non eri tu?
Avrei potuto chiedertelo, se eri tu.
Sei tu? Avrei dovuto chiederti.
Se dicevi, sì sono io.
Allora eri tu.
Se dicevi, no non sono io.
Per me, eri tu lo stesso.
E ti avrei chiesto
di prendere un caffè insieme,
e di venire a vedere la mia nuova casa,
e di farti conoscere il posto nuovo di lavoro
di chiederti di restare a cena,
se volevi dormire con me la stessa sera,
e se potevo abbracciarti
e toccarti le braccia e dire,
ma sei proprio tu.
E allora tu dicevi che non eri tu,
ma io dicevo lo stesso che eri tu,
e tu dicevi fa niente, pensala come vuoi.
Pensala come vuoi, è proprio da te.
Allora visto che sei tu? ti dicevo.
Scolta, io non sono quello che dici tu.
Io non sono quello che dici tu,
lo dicevi sempre tu.
Vedi che sei tu? ti avrei detto.
E tu chissà poi cosa dicevi.
Per me dicevi che faceva lo stesso,
se eri tu o non eri tu,
io avrei detto sempre che eri tu,
E avresti vissuto la vita chiedendoti se si può pensare che uno è
proprio quello che pensano gli altri.
Ma tu non chiederti queste cose,
lo so solo che eri tu, non lo deve mica sapere tutto il mondo.
Allora tu dicevi che se eri tu, quello che dicevo io,
allora tu chi eri esattamente?
Ti rispondo,
tu sei tu e io sono io.
Tu e io.
Mi rendo conto,
tutto ciò è inesistente.
Inesistente al tal punto
che per me nella mia testa,
quello che eri tu.

3
E poi il giorno dopo io ti ho rivisto,
e eri tu, lì, sotto casa mia.
Mi hai guardato come se sapevi chi ero,
e io ti salutato come se sapevo chi eri.
Ti ho detto ciao, ti ho preso per le braccia.
Ti ho preso per le braccia e ti ho portato verso di me.
Il tuo petto e il mio petto erano uniti, come se
si dicevano qualcosa.
Chissà cosa dicevano i nostri petti quando
erano lì uniti.
Ho salito le scale, la prima svolta, mi sono girata
ti ho detto, siamo quasi arrivati.

4
E tu a un certo punto eri bello.
eri così bello, madonna com’eri bello,
eri bello da piangere, da far piangere,
eri bellissimo, eri vestito di blu,
eri bellissimo che più bello per me
nel mondo non esiste nessuno così come te.
come è possibile che tu sia così bello?
io non lo so, come è possibile.
è così.
e più non ti posso avere e più sei bello.
avere, ti vorrei avere come uno che vede un fiore
e dice che è così bello, che lo vorrebbe avere,
ma tu non hai le radici e non ti posso strappare.
Io scriverò dei libri e ti manterrò,
dicevi così l’altra sera.
non ho mica capito perché dicevi così.

5
Non capisco come sia possibile,
ma il giorno dopo che ti avevo visto in quel bar
tu, il giorno dopo, proprio esattamente il giorno
dopo,
mi hai scritto.
VRRRRAM!
Sì, mi hai scritto,
VRRRRAM!
Come sia successo questo, non ho idea.
non so se è stato dio, che mi ha sentito,
non lo so, chi è stato cosa è stato, come è potuto
verificarsi, ma è successo. Mi hai scritto.
un giorno a pranzo ho aperto la mia mail
e tu,
VRRRAM!
Incredibile.
Mi è caduto il pezzo di mascella,
quando tu,
VRRRAM!
non so come sia stato possibile.
Mi chiedevi di vederti.
Incredibile.
Non è possibile ho pensato.
Invece subito dopo, ti ho scritto.
Certo che è possibile!
Vieni, ti invito a casa mia,
ti faccio vedere dove vivo.
E poi sei venuto, ti ho visto,
eri tu, eri davvero tu.
Non so come sia stato possibile,
ma è successo.
Se me lo avessero detto prima,
non avrei potuto dire,
sì succederà così,
come potevo dire una cosa del genere?
sei stato qui a casa mia e hai dormito nel mio letto e hai visto il mio bagno e la cucina, hai bevuto il mio caffè, hai fumato nella mia camera, ti sei seduto nella mia sedia ti sei asciugato col mio asciugamano,
mi hai dato un bacio con la tua bocca,
mi ha aperto il cuore, e io ti ho toccato.
Eri tu quello, eri proprio tu,
no, non eri quello che ho visto il giorno prima,
quello eri tu ma non eri tu.

6
Sei passato di qui come una nebbia che arriva e poi si sposta, passa e dalle finestre e esce via.
E tutto torna come prima, senza traccia di te,
senza niente di te, solo un ricordo di nebbia che è passata ed è
andata via.
La nebbia la nebbia, cosa resterà?
La nebbia, è così bella.

7
E quando sei andato via,
eri giù che aspettavi il taxi,
con l’ansia di arrivare tardi,
e io ti guardavo dalla finestra.
Tu mi hai visto, ti sei girato.
ti ho sorriso, un sorriso disperato.
non ti rivedrò per almeno otto mesi,
e ti guardavo per fare durare di più tutto,
ma non durava, e il taxi non arrivava,
poi è venuto, hai aperto la portiera,
ti sei tolto una tracolla e l’hai messa sul sedile,
ti sei tolto l’altra tracolla l’hai messa sul sedile, ti seduto con la borsa sulle gambe.
Se si siede e mi guarda ancora, vuol dire che mi ama, pensavo.
Se si siede e si gira verso di me, mi ama.
Se mi guarda ancora una volta, allora mi ama.
Dài voltati, dài girati, pensavo.
Girati, girati, su girati dicevo.
E tu seduto, hai messo una mano sulla portiera
per tirarla verso di me,
girati, girati,
e poi, VRRRAM!
mi hai guardato.
Ho messo una mano sul vetro della mia finestra. Li avevo appena puliti i vetri, e ho messo una mano sulla finestra.
La mia mano sulla finestra è rimasta anche adesso, lì che aspetta e ti saluta e ti dice che ti ama, sempre sul vetro che non pulirò più.

8
Quando diventi ricca,
quando pubblicherai dei libri, mi dicevi,
io ti ho detto, allora faccio l’inseminazione artificiale.
Ti chiedo il seme,
ma così non è un’inseminazione artificiale.
Ma tu non ti preoccupare della mia inseminazione artificiale, ti ho detto.

9
Ma poi nel letto ti ho detto che lo so.
Io so tutto.
Tu non vuoi una relazione con me. Lo so, lo so.
Io sento delle profondità però.
E sento anche, senza bisogno che lo dicevi,
che tu hai un muro. Hai un petto sì, ma hai un muro su quel petto.
Un piccolo campo recintato con un piccolo soldatino che fa da vedetta e va su e giù sul tuo piccolo campetto.
A me sembra invece di nuotare in acque
sul fondo delle acque, e vago vago,
ti cerco, e poi trovo un muro, e lo tocco come tocco il tuo braccio, la tua pelle è fatta di sassi, di mattoni uno sopra l’altro.
Il tuo petto è una fortezza inespugnabile, e io nuoto nuoto intorno a questo muro e trovo solo un muro, nessun buco, neanche uno, neanche piccolo.
Allora la sola cosa da fare
è lasciarlo lì quel muro
a fare il muschio.

10
Una maledizione.
È una maledizione,
quando ti ho visto in quel bar,
è stato lì che ho visto uno che eri ma che non eri tu,
che si è perso tutto.
non ti vedevo da mesi,
e poi ti ho rivisto in un bar,
e poi ti ho rivisto a casa mia.
Una maledizione,
tutto quel tempo senza di te,
come uno che mette da parte dei soldi,
poi volati via tutti,
avevo come dei soldi,
ogni giorno che non ti vedevo era un giorno in più
che non ti vedevo,
e poi ti ho rivisto,
PUFF!
volato tutto via.
Andato tutto sprecato,
tutto quel tempo senza di te,
e poi invece un giorno,
una notte con te,
PUFF!
sprecato tutto,
buttato via tutto,
come uno che si prepara il pranzo
poi lo prende e lo butta nella spazzatura,
così com’è,
tutto intero,
senza averlo toccato.
Era più bello quando non ti vedevo,
quando era tutto pulito
intorno a me,
era tutto pulito e fresco
e poi ti ho visto,
non è stato un bene
è stato un male averti visto.
Tutto buttato tutto buttato
Un tempo ora sprecato,
tutti quei giorni senza di te
sono andati buttati
sporcati
in una notte con te.
Sbagliato sbagliato,
ecco ho sbagliato a vederti
non dovevo vederti
è stato un errore,
un errore madornale,
colossale
un errore madornalcolossale.

11
Tra l’altro,
- c’è un tra l’altro
avevi detto quella notte,
mentre ti mettevi il pigiama,
come se in otto mesi che non ci vedevamo
non avevi mai smesso di metterti il pigiama insieme a me
prima di andare a dormire
mentre io,
che invece mi dovevo spogliare
e tu eri in camera mia,
e io mi dovevo spogliare,
e facevi come se niente fosse,
come se togliersi i vestiti,
lì così,
uno lo facesse come davanti a un genitore
che ti dice,
ma ti vergogni? di cosa ti vergogni?
Ecco io mi vergognavo
e mi sono tolta i pantaloni da seduta,
e ti ho dato le spalle
e forse se mi hai guardato,
ma comunque.
Ti davo le spalle,
e hai detto,
E tra l’altro,
l’inseminazione artificiale,
non costa neanche tanto.
Io non so perché dicevi quelle cose,
ma perché le dicevi?
Non lo so. Perché le dici che non si capisce niente? Cosa vuol dire che non costa neanche tanto?

12
Sì in effetti avevi detto così
che non costa molto,
perché ti avevo detto
che se diventavo ricca,
cosa che avevi detto tu,
che io diventerò ricca,
che anche questa non l’ho capita,
ma perché devo diventare ricca adesso?
e te lo avevo chiesto.
Non mi ricordo cosa hai detto,
niente di significativo.
Forse non hai nemmeno risposto,
ma poi hai aggiunto che quando venderò
un sacco di libri,
e diventerò ricca,
succederà che ti passerò un assegno al mese. Adesso,
perché diavolo ti dovrei passare un assegno al mese?
e tu dicevi che diventavi vecchio,
che uscivi a comprare il giornale in pigiama,
con le braghe da pigiama,
forse a righe,
che tra l’altro, tra l’altro lo dico io,
le avevi già quella sera,
comunque, dicevi che io ti avrei dato
un assegno al mese,
e che te lo davo con sdegno.
Toh, prendi sti soldi, ti avrei detto quando diventavi vecchio.
E tu, con tre dita di latte caldo
cotto in un pentolino con il bordo tutto nero,
e del pane secco da una settimana,
facevi colazione.
E poi arrivavo io, e tu,
prendevi i miei soldi, e io,
me ne andavo,
schifandoti per come ti eri ridotto,
- che ti schifavo lo aggiungo io adesso.

13
Non devo dimenticare niente,
hai detto la notte che sei stato da me,
e mettevi tutte le tue cose insieme,
lo zaino e le penne, le sigarette e il telefono,
tutti sul mio tavolo,
li hai appoggiati come se scottassero,
come se scottasse tutto,
ti sei seduto sulla mia sedia,
c’erano due sedie nella mia camera,
e tu ti sei seduto sulla sedia mia,
quella del mio tavolo,
non su quell’altra sedia,
quella di chi si siede quando arriva,
che per uno strano patto non detto,
chi arriva,
si siede sulla sedia che sa che può sedersi,
perché sa che è la sedia per chi può sedersi in una camera,
quando arriva in una camera,
no,
tu ti sei seduto sulla mia sedia del tavolo,
sul mio tavolo e sulla mia sedia di dove scrivo,
un tavolo e una sedia miei,
non sull’altra,
quella degli ospiti,
ma tu eri un ospite quella sera,
e non lo eri,
eri e non lo eri,
eri una cosa che non esisteva più,
eri un pezzo di passato,
tornato nel presente,
che se ne andava già a spasso
nelle mie future riflessioni su di te,
di ora che penso che ti sei seduto sulla mia sedia,
con naturalezza,
come se quella sedia sotto al tavolo
fosse anche la tua sedia,
come se il tavolo vicino a quella sedia,
fosse anche il tuo tavolo,
come se il corpo che era steso di fianco a te la notte,
fosse anche il tuo corpo.

14
Ed è stato proprio così,
la mattina dopo,
non hai dimenticato niente,
non hai lasciato qui niente,
hai lasciato le sole due cose che dovevi lasciarmi,
le due cose per cui ci siamo visti,
la scusante delle due cose per cui ci siamo visti,
ridarmi i miei guanti,
utilissimi guanti,
guanti che mi serviranno tra tre mesi,
ma che ora,
benedico i guanti,
e benedico la rivista,
anche quella mi dovevi lasciare,
una rivista e dei guanti.
guanti neri invernali,
taglia unica,
una taglia che va bene per tutte le mani
del mondo.
due guanti neri che hai lavato a casa tua,
che hai messo in lavatrice insieme alla tua roba
che hai tirato fuori dalla lavatrice insieme alla tua roba,
che hai steso sul balcone insieme alla tua roba
che hai ritirato dal balcone insieme alla tua roba,
che hai infilato nel tuo zaino insieme alla tua roba,
che hai portato con te nel tuo zaino insieme alla tua roba.
che hai tirato fuori dal tuo zaino insieme alla tua roba.
e che ora sono qui sul tavolo,
uno sopra l’altro,
per star vicini e non perdersi
che a nessuno serve un guanto,
ma a me ne basta uno.

15
Due guanti sono troppi per me,
io questi guanti non li metterò.
Io questi guanti,
li metto sulla faccia,
mi copro la bocca e il naso,
e respiro.
Respiro dentro i tuoi guanti,
perché sono i tuoi guanti,
non sono i miei,
non lo sono più,
è solo un sintomo,
che i miei guanti non siano più i miei guanti
che la sedia non sia più la mia sedia
che il letto non sia più il mio letto
che la finestra non sia più la mia finestra,
un errore un errore,
ho fatto un errore a farti entrare qua dentro.

16
Mi schiaccio un guanto sulla faccia e respiro,
faccio un respiro,
non riesco a tenere gli occhi aperti,
metto i tuoi guanti sulla mia faccia e faccio un respiro,
non riesco a tenere gli occhi aperti,
io sento un odore in questi guanti,
che è più potente di mille immagini,
di mille suoni,
di mille uomini,
di mille stelle,
di mille tramonti.
Io sento questi guanti
che sanno di tutte le magliette
di tutte le lenzuola
di tutte le camicie
tue.
Tue tue tue, tutte cose tue,
non più mie.
Io sento questi guanti
che sanno di sapone di marsiglia,
un odore di sapone di marsiglia,
il sapone di marsiglia è
il solo odore che hai
e il solo odore che ho.
Io sento l’odore del sapone di marsiglia
e chiudo gli occhi,
la lana dei guanti che pizzica la pelle
e il nero negli occhi,
è un passaggio segreto
che porta alla tua spalla,
a tutti gli abbracci che ti ho dato con gli occhi chiusi sulla tua spalla
a respirare la tua spalla
con sapone di marsiglia,
la tua spalla gli abbracci le lenzuola e le camicie le coperte
e le notti e i giorni e, i giorni i giorni le notti,
gli abbracci
le lenzuola,
tutto di sapone di marsiglia.
Indelebile sapone,
cosa mi hai fatto?


Sarah Spinazzola ha scritto questa poesia e l’altro giorno ne ha messo un pezzo su internet. Allora le abbiamo scritto e le abbiamo detto: Sarah, questa poesia è bellissima E lei ha detto: Grazie, ma non era mica tutta intera. La poesia tutta intera, almeno fino al primo giovedì di ottobre, è quella che hai appena letto. Questa era la seconda puntata di lenzuolate, una rubrica che aveva come unica regola quella di ospitare gli scrittori senza chiederglielo, e infatti l’abbiamo già infranta. Molto bene.

 



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